In un tempo immemorabile una tribù in fuga da una guerra terribile e sanguinaria giunse sulle coste dell’Alto Adriatico. Accampatisi per la notte a ridosso di un’ampia laguna furono circondati da un branco di lupi famelici. Proprio quando i lupi s’apprestavano a sbranarli, apparve d’improvviso un serpente che mise in fuga il branco scongiurando una fine certa. Gli esuli decisero di fondare lì il loro regno e, da allora, i serpenti divennero sacri e considerati simbolo di protezione e prestigio.
Il regno crebbe e divenne florido grazie al commercio e divenne abitudine presso i reggenti del regno di accompagnarsi ad un serpente in occasioni di viaggi di affari e trattative, così da propiziarne l’esito. I serpenti divennero simbolo di successo e prestigio, e di volta in volta venivano scelti i più rari e preziosi da sfoggiare durante gli incontri. Se il serpente non fosse stato di gradimento degli ospiti o addirittura offensivo, la sventura si sarebbe abbattuta sul regno e sulle sue fortune.
Nel regno si affermò la professione del cercatore di serpenti, il cui compito era avventurarsi ai quattro angoli del globo per catturare esemplari sempre più rari da portare in patria. Nel parco reale fu edificato un enorme rettilario in cui ospitarli e di volta in volta il sovrano del regno sceglieva l’esemplare più adatto per la spedizione che avrebbe dovuto affrontare. Nel corso dei secoli il numero di serpenti crebbe a dismisura, sovraffollando il rettilario. Quasi mai uno stesso esemplare veniva portato a più incontri e la crescente brama di serpenti stava conducendo all’estinzione ben più di una specie.
Un giorno, la regina del regno si trovò ad affrontare una lunga spedizione in Oriente. Avrebbe soggiornato presso numerose corti, incontrando diversi monarchi, sultani, maharajà e imperatori degli stupefacenti ed esotici regni d’Oriente. Per ogni tappa avrebbe avuto bisogno di un diverso serpente e, data la durata del viaggio, stabilì che un intero carro della carovana venisse destinato ai rettili. Per l’incontro con l’imperatore cinese, la regina volle il serpente più raro e pericoloso che si trovasse sulla faccia della Terra. Molti cercatori erano periti nel tentativo di catturarlo e quando un giovane riuscì nell’impresa la regina lo ricompensò con ingenti quantità d’oro. La carovana, completa del rarissimo esemplare, partì alla volta dell’Oriente.
Durante il viaggio accadde un evento inatteso. Lungo un aspro sentiero, il carro in cui erano stipati i serpenti si rovesciò e le gabbie che ospitavano i rettili si ruppero. Nessuno degli uomini della regina ebbe il coraggio di avventurarsi nel carro da cui s’udivano sibili, scudisciate, lotte e aggrovigliamenti. Dopo alcuni minuti di caos scese la quiete e quando finalmente uno dei soldati osò aprire la porta, lo spettacolo che si presentò fu sconcertante. Tutti i serpenti giacevano morti, avvelenati dallo stesso serpente destinato all’incontro con l’imperatore. Quest’ultimo giaceva agonizzante, sfigurato dalle ferite riportate nel combattimento contro tutti gli altri.
Quando spirò, l’intera carovana fu gettata nello sconforto. Senza serpenti, come recitava l’antica profezia, l’intero regno sarebbe caduto in rovina. L’unico rettile sopravvissuto era un vecchio serpente che la regina portava con sé fin da piccola per il grande affetto che nutriva per lui. Era un esemplare ormai vecchio, dall’aspetto anonimo. Un aspide o vipera, molto diffuso nell’area del bacino Mediterraneo. Presa dalla disperazione, la regina diede ordine di annullare la spedizione e tornare al regno e a tutti parve l’unico modo per evitare la sventura che l’incidente sembrava presagire.
Solo una sacerdotessa si oppose, offrendosi per trovare una soluzione diversa. La regina le concesse tre giorni di tempo e la sacerdotessa partì a cavallo. Allo scadere del terzo giorno riapparve accompagnata da un uomo coperto di cenci che condusse al cospetto della regina. L’uomo era uno degli ultimi maghi di quell’impervia regione ai piedi delle montagne che fanno da tetto al mondo. La regina espose disperata la propria situazione, riferendo della profezia che gravava sul suo regno e della grande disgrazia in cui erano occorsi durante il viaggio.
Nella tenda della sovrana si aggirava libero il primo serpente che gli era stato donato da bambina e che da allora vegliava su di lei. Il suo nome era Aspis. Era l’unico ad essersi salvato perché viaggiava nel carro della regina anziché con gli altri serpenti. Lo sguardo del mago si fermò sul rettile che gli appariva placido e sano più di ogni altro che avesse mai visto. La regina spiegò che non era altro che un vecchio serpente con cui era cresciuta. Non l’aveva più accompagnata nelle occasioni ufficiali da anni, non era né il più bello né il più raro, ma continuava a portarlo con sé per la profonda amicizia che si era creata tra loro. Il mago annuì col capo e poi parlò.
“Per secoli, tu e la tua dinastia avete imprigionato i serpenti per vanità, pensando la soluzione fosse quella di averne molti, sempre di più. La verità è che la soluzione non richiede quantità ma qualità capace di adattarsi e trasformarsi. La trasformazione è il segreto di tutte le cose dell’universo. Gli uomini cercano la perfezione nella fissità immobile ma essa svanisce in un attimo. La perfezione è in ciò che segue la legge della trasformazione, assecondandola. Dai ordine di liberare tutti i serpenti del regno e quando l’avrai fatto vieni da me con quello.”
Indicò Aspis che li fissava immobile accoccolato su di un tappeto. La regina obbedì e tutti i serpenti del parco reale furono liberati nei luoghi da cui provenivano. Fu fatto divieto in tutto il regno di catturarne in natura. Poi la sovrana si recò con Aspis nella grotta dove il mago si era accampato. Fu lì che il mago compì il suo rito, donando al serpente l’immortalità e la capacità di cambiare pelle a seconda della situazione.
Da allora nessun serpente venne più ridotto in cattività e la regina affrontò ogni incontro diplomatico accompagnata da Aspis. Il prodigioso serpente si trasformava di volta in volta, sbalordendo e lusingando coloro che assistevano alle sue metamorfosi. Riusciva ad incarnare i gusti di coloro che ricevevano la regina e gli affari furono floridi come non mai. Durante il viaggio in Oriente cambiò pelle innumerevoli volte. Seta, carta di riso, intricati ideogrammi e motivi geometrici tipici della cultura del luogo. A volte appariva sgargiante e multicolore, simile ad un uccello tropicale tempestato di pietre preziose. Altre era sobrio e semplice, simile ad un bastone d’ossidiana. A volte, la sua pelle era liscia e impalpabile, altre rugosa e coriacea.
Da quel giorno Aspis fu il segreto di tutti i sovrani del regno, che da tutti veniva ancora ammirato per la grande varietà di serpenti che portava agli incontri, senza che nessuno sapesse che si trattava soltanto del vecchio Aspis.